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Lavorare ma non troppo: il “quiet quitting” è la nuova filosofia dei giovani Gen Z


Sui social spopolano i tag e i contenuti che parlano di “quiet quitting”, ma di che cosa si tratta e perché è così importante per le nuove generazioni?


Bisogna prima fare un appunto; in questo articolo parliamo di un fenomeno che tocca per lo più la Generazione Z (o Gen Z), ovvero i giovani e le giovani nati/e tra il 1997 e il 2012.


Che cos’è il “quiet quitting”


Dunque, la Gen Z, sembra stia sperimentando un nuovo modo di vivere post pandemico dove il lavoro non è al primo posto e sono più importanti le proprie passioni, gli amici o la famiglia, da coltivare nel tempo libero. Praticamente il contrario del termine piuttosto noto “workaholic” (da alcoholic, con workaholic, si intende la dipendenza da lavoro), il “quiet quitting” è il lavorare sì, ma non troppo.


La pandemia ha messo molti e molte di fronte al valore effimero della vita umana, e c’è chi ha reagito in diversi modi, i più giovani hanno risposto così a questo evento straordinario. Per i ragazzi e le ragazze della Gen Z impegnarsi con tutte le energie nel lavoro non paga, ed è sempre più difficile fare carriera e per loro non ne vale sempre la pena.


Un fenomeno, quello del “quiet quitting” che sta spopolando anche in Paesi noti per la loro grande produttività e il forte valore dato al lavoro, come Stati Uniti e Cina.


Ed è soprattutto su TikTok, il social più usato dalla Gen Z, che ragazzi e ragazze parlano di “quiet quitting”, senza paura delle critiche, convinti e convinte che il proprio tempo libero sia più prezioso di qualche euro in più in busta paga.


Non sono mancate le polemiche a seguito di questa notizia, c’è chi si domanda come sia possibile guadagnare a sufficienza ma avere anche soldi per viversi il tempo libero tra hobby più o meno costosi.


Che cosa dicono i dati sul benessere al lavoro


Dall’altra parte però uno studio realizzato dalla Gallup & Robinson (società inglese per le ricerche di mercato), almeno per quanto riguarda l’Inghilterra, riporta numeri che potrebbero spiegare questo fenomeno.


Nel loro studio dal titolo “State of the global workplace 2022 Report“, risulta che solo il 21% dei dipendenti è davvero coinvolto nelle proprie mansioni, e solo il 33% si considera in una condizione di crescita e benessere. Il 44% si sente stressato e nella maggior parte dei casi non pensa che la sua occupazione abbia uno scopo profondo. Infine, solo il 9% si ritiene entusiasta e soddisfatto/a del proprio lavoro.


Foto: Parker Byrd Unsplash