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Caso Blanco a Sanremo: il neurologo Piero Barbanti commenta quanto successo al festival


Il caso Blanco continua a monopolizzare l’attenzione di tutte le principali testate italiane. Sembra che sia l’unico argomento di Sanremo: le canzoni, i monologhi e gli altri ospiti stanno passando in secondo piano.


Nelle ultime ore sono stati raccolti i pareri più diversi, in primis quello di Amadeus. Ora si aggiunge un altro punto di vista, quello di Piero Barbanti, docente di Neurologia all’Università Telematica San Raffaele.


Un black-out della ragionevolezza


Intervistato dall’Adnkronos, il neurologo ha detto che è normale che un artista possa avere un rapporto meno razionale e più impulsivo in risposta a determinati eventi, ma quello che è accaduto sul palco dell’Ariston è stato qualcosa di diverso.


“Estraniarsi dalla realtà per trovare ispirazione è il requisito dell’artista, ma ciò che è accaduto l’altra sera va forse un po’ oltre. Un black-out della ragionevolezza, una sorta di trance emotiva durata diversi minuti. Il sonno della ragione”


Barbanti ha spiegato che l’impulsività, la rabbia e la bassa soglia alla frustrazione possono essere il risultato di una vita con poche regole e “pochi no”.  È specchio di un’incapacità di controllare le proprie emozioni.


“Sono ragazzi che non sanno controllare le emozioni perché non sanno riconoscerle, denominarle e classificarle. Per loro l’unica via per liberarsi da questo fantasma interiore è a volte la furia e l’atto estremo. Un gesto di rottura, a volte violento, figlio di un enorme vuoto formativo. La nostra impulsività è innata, ma va educata. Il sistema sociale nel quale siamo immersi non è più idoneo a questo compito perché valorizza la velocità, lo scambio rapido, non la riflessione”.


La scuola è sempre più competitiva, la famiglia sempre più distratta


Secondo il docente questo è il risultato di una scuola che punta ad essere sempre più competitiva e un modo di comunicare all’interno della famiglia sempre più frammentato e intermittente.


“Il ruolo formativo della scuola, sempre più competitiva si è ridotto perché il metodo passa in secondo piano rispetto alla nozione e al tecnicismo. Così come è cambiata la comunicazione familiare, spesso più attiva sulla chat che intorno alla tavola. Sono giovani e giovanissimi che chiamano indipendenza ciò che è spesso solitudine, disabituati alla socialità. Padroni della vita virtuale, inesperti quando immessi nella comunità”.


Foto: LaPresse