Roma – Si va dalla foto con la sorella gemella Paola di pochi mesi di vita ai ritratti con la famiglia a Torino o al mare in Liguria, in occasione della raccolta delle ciliegie o in posa per la foto di classe: è la mostra “Rita Levi-Montalcini – Immagini private”, allestita al Palazzo della Cultura a Roma in occasione del Festival di letteratura e cultura ebraica. A raccontare il lato famigliare di “zia Rita” è la nipote Piera Levi-Montalcini, figlia del fratello della Premio Nobel, Gino:
“Con gli altri si dimostrava sempre una persona sicura, una persona che non aveva timori e non aveva tentennamenti. Dentro di lei invece, secondo me, era una persona molto timida che aveva delle difficoltà anche ad affrontare il grande pubblico. Difficoltà che ha superato molto bene grazie a una piccola cura psicanalitica a cui si è dovuta sottoporre subito dopo il premio Nobel”.
Attraverso le 26 maxi fotografie, rese disponibili dalla famiglia, la si vede passare da bambina alla grande scienziata e neurologa che nel 1986 riceve il Premio Nobel per la medicina. La mostra al ghetto celebra anche il trentesimo anniversario dal riconoscimento, una ricorrenza che le istituzioni non hanno promosso a dovere:
“Direi che c’è stato molto silenzio, mentre la comunità ebraica di Roma ha contribuito molto a rilanciare questa idea e questo ricordo. Ricordo che oggi secondo me andrebbe molto amplificato perché la ricerca ha bisogno di essere vivificata”, ha aggiunto.
Erede spirituale della grande scienziata morta nel 2012 a 103 anni, Piera Levi-Montalcini, che presiede la Fondazione intitolata alla zia, infine ricorda:
“Le telefonate di zia Rita erano tutte le mattina alle 6 e mezza perché lei si alzava prestissimo e la prima cosa che faceva telefonava a me che per fortuna ho la capacità di svegliarmi subito e riaddormentarmi subito…!”.