Il dibattito intorno alla bontà o meno dei videogiochi va avanti da quando i primissimi sono entrati nelle nostre case. Da una parte c’è l’Organizzazione Mondiale della Sanità che ha riconosciuto come questi possano creare dipendenze, dall’altra ci sono ricerche che provano come possano essere utili sotto altri.
Un ultimo studio, pubblicato sulle pagine del Journal of Media Psychology, ha studiato gli effetti che i video-games possono avere sul cervello dei bambini e delle bambine, ed ecco il risultato.
I videogiochi fanno male al cervello? Lo studio
Lo studio, portato avanti dalla University of Houston College of Education, ha provato come i videogiochi non danneggino le abilità cognitive dei più piccoli e delle più piccole.
“Le nostre analisi non hanno rilevato tali collegamenti, indipendentemente da quanto tempo i bambini hanno giocato e da quali tipi di giochi hanno scelto”, ha commentato Jie Zhang, esperto della University of Houston College of Education, tra gli autori dello studio.
Lo studio ha coinvolto 160 tra studentesse e studenti in età pre-adolescenziale chiedendo loro di stare davanti agli schermi per una media di 2 ore e mezza al giorno giocando al proprio video game preferito.
Dopo ogni giorno, i giovani sono stati sottoposti ad un test che valuta le abilità cognitive e questo è ciò che è stato riportato dallo studio:
“Nel complesso, né la durata del gioco né la scelta dei generi di videogiochi avevano correlazioni significative con le valutazioni”, spiega May Jadalla, dottoressa autrice principale della ricerca. “Questo risultato non mostra alcun collegamento diretto tra i videogiochi e le prestazioni cognitive, nonostante quanto si fosse ipotizzato”.
Tuttavia, Zhang aggiunge come l’uso dei video giochi nei più piccoli vada sempre supervisionato e regolamentato per trovare il giusto equilibrio con tutto il resto nella vita:
“Quando si tratta di videogiochi, trovare un punto di incontro tra genitori e bambini è già piuttosto complicato. Almeno ora sappiamo che trovare l’equilibrio è la chiave, e non c’è bisogno che di preoccuparsi troppo”.
Foto: Kelly Sikkema – Unsplash
