Continuano i successi per Luca Mazzone ai Giochi Paralimpici di Tokyo 2020. Dopo il primo argento vinto al Cronometro maschile H2, l’atleta oggi ne ha conquistato un secondo nella Corsa su strada maschile H1-2. È l’ennesima conferma di una carriera atletica che rimarrà nella storia dello sport e che ci insegna che i limiti non esistono.
Luca è sempre stato un grandissimo appassionato di sport, principalmente di calcio, pugilato e body building. A 19 anni la sua vita cambia per sempre. Si tuffa in acqua, batte la testa su uno scoglio e non reagisce più. Rimane vivo per miracolo ma, una volta uscito dall’ospedale, la diagnosi è tragica: ha una lesione midollare cervicale. Lo sconforto lo assale: immaginate cosa significhi per un body builder dover accettare di essere diventato tetraplegico.
Trasferitosi in una clinica di Marsiglia, inizia ad appassionarsi al nuoto. Quando torna in Italia continua la riabilitazione nel centro di Corato, una delle strutture più importanti della Puglia per gli sport acquatici. Qui capisce che sarà lo sport a guidarlo: “l’incidente mi ha cambiato la vita. Lo sport mi ha insegnato a costruirla”, ha detto in un’intervista al Corriere. Inaugura così una carriera ricca di soddisfazioni, tra cui due argenti ai Giochi Parlalimpici di Sidney.
Nel 2008 dà l’addio al nuoto e inizia ad avvicinarsi all’handbike. L’ambizione certo, non gli manca: nell’ambiente del paraciclismo viene ribattezzato “cannibale” descrivendo così il suo desiderio di vittoria. I miti a cui si ispira sono Vittorio Podestà e Alex Zanardi, gli stessi con cui, poi, vincerà un oro alle Paralimpiadi nella staffetta italiana alle Parlimpiadi di Rio 2016. È stata una delle sue gare più importanti in assoluto. “Momenti di gioia indescrivibile” – ha raccontato – “Che ricordi quella gara: un abbraccio che non finiva mai, lo porterò sempre nel cuore. Grazie allo sport per avermi fatto capire quanto sia bella la vita”.
A 50 anni Luca Mazzone ci insegna che i limiti possono essere superati e che non esistono sfide a cui si può rinunciare. L’ha scritto chiaramente nel suo libro “La Prigione dell’Impossibile”, spiegandoci che l’impossibile non è altro che una categoria della nostra mente. L’ha dimostrato in tutta la sua carriera. Noi tiferemo sempre per lui!
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