Chiamatelo finale a lieto fine, anche perché gli americani – va detto – della favola a lieto fine vanno pazzi: e il finale da favola, in un certo senso, è il finale americano per definizione, simile com’è al concetto simbolo del sogno americano. Nessuno poteva dire come si sarebbero conclusi questi play-off all’interno della bolla, ma la sola certezza è che (a differenza dell’Italia) il basket non si sarebbe fermato. E la bolla di Orlando, gestita con tutto il perfezionismo necessario, ne è stata la prova.
LeBron x AD pic.twitter.com/zacTBETVkU
— NBA (@NBA) October 12, 2020
Perché un lieto fine? Dopo la scomparsa di Kobe Bryant, il 25 febbraio – data della commemorazione della stella dei Lakers e della figlia Gianna – LeBron James giurò al mondo intero che avrebbe portato i Lakers al titolo e che lo avrebbe fatto per Kobe. Uno degli sportivi più determinati (e determinanti) sulla faccia della Terra, fu diretto. Quel giorno fece una promessa in piene stile hollywoodiano: e questa promessa, stanotte, è stata mantenuta. E’ una favola a lieto fine, anche se – sportivamente parlando – può non piacere a tutti. Eppure è questo il finale che tutti rincorrono: il finale perfetto, come quello di un film, perché questo non è più solo e soltanto un campionato di basket americano, ma è soprattutto una storia da raccontare. Intanto Los Angeles porta a casa il suo 17esimo anello, grazie anche all’innesto di Davis ed eguagliano così, il numero di anelli vinti dai rivali di sempre: i Boston Celtics. Per Lebron James, dal canto suo, il premio come MVP di queste Finals, così fiabesche, così hollywoodiane.
“This historic 2020 NBA championship belongs to the Los Angeles Lakers!” pic.twitter.com/LVmDZ3BB6s
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Immagine di copertina tratta dal profilo Twitter dei Los Angeles Lakers.