«Io voglio fare quello che sta in cucina»: a sette anni Luciano Monosilio non conosceva forse la parola “cuoco” – e men che meno “chef” – però aveva già le idee chiare. Ora che ne ha quasi 31 si sta per laureare in Economia, ma non ha cambiato idea. E, di fare il cuoco, gli riesce anche parecchio bene, nel ristorante Pipero al Rex, sotto lo sguardo vigile di un re dei maître come Alessandro Pipero.
Monosilio era nei giorni scorsi in trasferta a Identità di Pasta, l’appuntamento del venerdì a Identità Expo S.Pellegrino. Non ha presentato il signature dish, gli ormai famosi “suoi” Spaghetti alla carbonara, ma un’altra ricetta, i classici “aglio olio e peperoncino”, ovverosia i “vermicelli borbonici”, come veniva chiamata questa storica specialità della tradizione partenopea. Spaghetto, secondo tradizione? No, rigatoni, e che rigatoni! Firmati Pastificio Felicetti, partner di Identità Expo per l’evento settimanale. Sono prodotti con frumento monovarietale Khorasan, in genere chiamato kamut, «che è però un nome commerciale – spiega Riccardo Felicetti, anche presidente dei pastai mondiali, presente in sala – E’ una tipologia antica a stelo lungo, con fino a 2 metri di radice. E’ prodotto biologico perché estrae tutti i nutrimenti dal terreno, è poi profumato e saporito…».
Monosilio predilige tale formato perché ha un aroma lievemente amaro, ricorda un gusto vegetale che richiama il prezzemolo», a sua volta ingrediente della ricetta, in almeno tre vesti diverse. La prima, in polvere: lavato, mondato, asciugato e disidratato, «come fosse tè matcha, di cui ricorda anche il profumo». Poi, alcuni gambi vengono immersi nell’acqua di cottura della pasta, per donare note erbacee e persino acide (il prezzemolo contiene acido ascorbico, che viene però rilasciato solo sopra i 60°). Infine, un poco viene anche fritto.
Altra componente fondamentale, la polvere di peperoncino. E‘ un blend di polvere di peperone rosso dolce e di polvere di peperoncino piccante; vengono arrostiti, spellati, disidratati e mischiati in parti uguali, prima di affumicarli un poco. Esito: ricordano in tutto e per tutto lo straordinario pimenton de la Vera, regalano a ciascun piatto almeno un paio di marce in più.
Monosilio prepara poi anche un po’ di crema di pecorino romano giovane (non deve essere troppo sapido). Lo stesso formaggio viene utilizzato per creare un infuso: 1 litro d’acqua, 200 grammi di pecorino, 100 di grana padano e subito sul fuoco a 70°; si filtra e questo diventa liquido di cottura finale dei rigatoni, che già saranno stati parzialmente cotti in normale acqua non salata. Passano quindi in padella con l’infuso suddetto (500 grammi per 700 grammi di pasta) condito con peperoncino piccante: vi rimangono alcuni minuti, con aggiunta dell’olio, versato a intervalli successivi.
Manca un solo elemento alla ricetta classica: l’aglio. E’ in crema: si sbollenta 5 volte, sempre scolando (assicurarsi sia un aglio giovane); poi si cuoce e si riduce nel latte, si aggiungono 50 grammi di panna ogni 300 di riduzione, infine 5 grammi di colla di pesce, sale e pepe.
Lo chef sorprende con una trovata finale: fette di guanciale prodotto dai suoi amici di Re Norcino nell’Ascolano. Sottili, si spolverano col prezzemolo e vanno a condire la pasta.
Anche i suoi gusti musicali sono una sorpresa: «Ho sempre avuto una passione per la musica elettronica», spiega ai nostri taccuini. Qualche nome? Ne fa due: Jeff Mills e i The Bells, «ma “da piccolo mi piacevano anche i Metallica e i Queen». L’ultimo concerto cui è andato è recente: quello dei Rolling Stones.