Venezia – “L’arte non può dare una vita migliore, ma può aiutare forse a vivere meglio, a essere più spirituali come esseri umani”. Lo diceva l’artista svizzero Urs Luthi alla Biennale d’arte del 2001, la seconda diretta, a cavallo del millennio, dal grande curatore Harald Szeemann che, in concomitanza con la 15esima Biennale di architettura, viene ora ricordata con una mostra nella sede di Ca’ Giustinian.
Nel portico dello storico palazzo della Biennale l’Archivio Storico delle Arti Contemporanee ha ricostruito, attraverso immagini e video, quella mostra che Szeemann aveva voluto intitolare “Platea dell’umanità”. Tra le opere che, quindici anni fa, hanno segnato l’immaginario collettivo, possiamo ricordare il ragazzo di Ron Mueck, “La nona ora” di Maurizio Cattelan o ancora “The End of the Twentieth Century” di Joseph Beuys.
Il tutto, come ha sottolineato il presidente della Biennale Paolo Baratta, oltre che per ricordare il ruolo seminale di Szeemann nel dare forma all’idea stessa di contemporaneità, anche per rendere l’Archivio storico Asac sempre più “uno strumento vitale” dell’istituzione veneziana.