Roma – Più di 60 donne che hanno
lavorato e lavorano per Google stanno valutando di presentare una class action contro il gruppo, accusato di
sessismo, discriminazioni e di disparità nel pagamento della
donne. Secondo James Finberg, l’avvocato che sta lavorando sul caso le donne, a parità di posizione, guadagnano meno degli uomini che lavorano per Google.
Altre donne – ha spiegato Finberg al quotidiano britannico Guardian – sostengono di trovare difficoltà a fare carriera all’interno del gruppo a causa di una cultura “ostile nei confronti delle donne”.
Il caso è esploso nella Silicon Valley dopo la pubblicazione di 10 pagine scritte da un impiegato del gruppo, in cui vengono criticate le iniziative di Google per assumere più donne e in cui si sostiene che gli uomini hanno posizioni dominanti nel mondo tecnologico anche per “cause biologiche”. In alcuni passaggi, il documento suggerisce che le donne avrebbero minor resistenza allo stress o maggiore inclinazione alla nevrosi.
L’impiegato che ha scritto il documento – James Damore – è stato
licenziato da Google, e il Ceo del colosso californiano, Sundar Pichai, ha inviato un memo al suo staff per giustificare la decisione, in cui ha spiegato che – mentre buona parte dello scritto di Damore potrebbe essere oggetto di un “giusto dibattito” – alcune parti sostengono dannosi stereotipi di genere sul posto di lavoro. Da alcuni anni le grandi compagnie dell’Ict nella Silicon Valley come Google, Facebook e Microsoft cercano di ridurre il “gender gap” fra uomini e donne e quello che riguarda le minoranze, in un’industria tuttora dominata da uomini bianchi e permeata da una cultura che appare piena di pregiudizi verso le donne ingegnere.