Una missione che dura da quasi mezzo secolo: “esplorare il sistema solare esterno“, questo l’obiettivo degli USA quando hanno inviato nello spazio le due sonde, la Voyager 1 (5 settembre 1977) e la Voyager 2 (anch’essa partita nel 1977, ma il 20 agosto).
Entrambe le sonde, hanno poi svolto le loro missioni primarie: per la Voyager 2, partita quindici giorni prima, si trattava di “visitare” 4 pianeti, ovvero Giove (9 luglio 1979), Saturno (26 agosto 1981), Urano (24 gennaio 1986) e Nettuno (25 agosto 1989), mentre per la Voyager 1 si trattava di fotografare Giove e Saturno.
Il futuro delle due sonde Voyager
Ad oggi la Voyager 1 è la sonda che ha raggiunto la maggior distanza rispetto all’uomo, dal momento che si trova (al 5 agosto del 2023) ad una distanza di 24,048 miliardi di km dal Sole, il tutto mentre si allontana dal nostro sistema solare ad una velocità di 16,9995 km/s (circa 60.000 km ogni ora).
La sua batteria, se pur in modo limitato, dovrebbe funzionare sino al 2025.
Bisognerà aspettare 30.000 anni per immaginarsi la sonda oltre la Nube di Oort, luogo da cui si ritiene provengano le comete di lungo periodo.
Anche per la sonda Voyager 2 la batteria resterà in funzione in modo limitato sino al 2025.
Tra 40.000 anni, la sonda passerà a circa 1,7 anni luce dalla stella Ross 248, mentre tra 296.000 anni Voyager 2 sarà a 4,3 anni luce dalla stella Sirio.
Il Voyager Golden Record e le sonde nella cultura pop
Ambedue le sonde, portano in dote il Voyager Golden Record, il disco registrato placcato in oro, che contiene tutte le informazioni sulla Terra: l’idea nasce dall’ipotesi che una forma di vita intelligente (e, si spera, non bellicosa) s’imbatta appunto nelle due sonde.
Ciò che è impresso su quel disco, è la nostra società, ferma però al 1977.
Nella cultura di massa, si ricorda di come la sonda Voyager (la “Voyager 6” che nella realtà non è mai esistita) sia stata al centro del primo film cinematografico della saga di Star Trek, riapparsa (pericolosamente) all’umanità, sotto il nome di “V’ger“.
Immagine di copertina: LaPresse
