“Sognare ad occhi aperti” è un’espressione idiomatica che indica – precisamente – il momento in cui una persona immagina o fantastica su qualcosa in modo vivido e coinvolgente mentre è sveglia. Un esempio come pochi, è un grande classico della narrativa, ovvero “L’inventore di sogni” di Ian McEwan (del 1994), libro ricco di avventure inquietanti e rocambolesche di un bambino che sogna a occhi aperti per sfuggire alla noia e alla normalità della vita.
Altri ancora, invece, ricorderanno invece il film “I sogni segreti di Walter Mitty” film del 2013 (tratto dal racconto “The Secret Life of Walter Mitty” scritto da James Thurber nel 1939) diretto da Ben Stiller e con protagonisti lo stesso Ben Stiller, Kristen Wiig e Sean Penn.
Uno studio di Harvard dice che sognare ad occhi aperti fa bene
Va da sé che c’è spesso un non troppo celato senso morale che ci porta a criticare chi sogna ad occhi aperti: tuttavia, oggi per contro c’è uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Nature e realizzata da un team di neuroscienziati di Harvard, che dimostra l’esatto contrario.
Sognare ad occhi aperti non è un vizio, e – tra le altre cose – non è nulla da cui si debba fuggire: ma è invece un bisogno essenziale dell’individuo. E questo bisogno, stando alla ricerca, consolida la nostra memoria e più in generale le informazioni perché, inevitabilmente, attinge dalle esperienze della giornata. In altre parole, chi sogna ad occhi aperti, riesce a imprimere maggiormente i ricordi e per questo riesce anche ad accedere a ricordi sempre più lontani nel tempo.
Immagine di copertina: film, “I sogni segreti di Walter Mitty”
