L’amministrazione locale di Città del Messico ha proposto di introdurre una legge per vietare le corride in tutto il territorio della capitale.
Il Messico, infatti, è uno dei pochi paesi che permette ancora gli spettacoli della corrida nella loro forma più antica, ovvero quella in cui il toro viene prima istigato al combattimento per poi venire ucciso dal torero.
La proposta di legge è stata votata con cinque voti favorevoli e quattro astenuti e mira a far chiudere i battenti alla Plaza Monumental de México, l’arena per corride più grande del mondo, in grado di ospitare oltre 40.000 spettatori; oltre a questa, in Messico al momento ci sono altre 216 arene per un totale di più di 800 eventi all’anno. Nella maggior parte dei casi, durante una corrida tre “matador” incontrano due tori ciascuno.
La nuova proposta, come dichiarato dai suoi stessi sostenitori, vuole porre fine a una antica forma di tortura “anacronistica e barbarica” nei confronti degli animali. La nuova legge vieterebbe nell’area della città “spettacoli pubblici in cui tori, manzi e vitelli vengano maltrattati, torturati o uccisi” e comporterebbe multe fino a 5 milioni di pesos (210 mila euro circa) per chiunque “organizzi, diffonda o partecipi a corride di tori o spettacoli simili che implichino il maltrattamento degli animali.”
Il voto del Governo locale avverrà a inizio 2022, ma intanto c’è grande trepidazione tra le associazioni animaliste e i partiti da sempre a favore per l’abolizione delle corride: il presidente della Commissione Jesús Sesma, membro del Partito Ecologista Verde, spera ad esempio che il passo di Città del Messico possa essere “un innesco, quello che farà e che altri congressi della Repubblica potranno eliminare la corrida”.
Domenica scorsa oltre 40mila persone si sono ritrovate nella “Plaza Monumental” per assistere a quella che potrebbe essere l’ultima corrida della storia della capitale, con decine di manifestanti che, all’esterno dell’arena, ha protestato ancora una volta contro la barbarica uccisione dei tori.
Immagine di copertina: LaPresse
