E’ considerato il cuoco migliore del mondo, almeno secondo il giudizio della World’s 50 Best Restaurants, la più autorevole classifica del settore, che ha incoronato nuovamente lui coi fratelli Josep (sommelier) e Jordi (pasticcere) proprio pochi giorni fa, come già era avvenuto nel 2013. Lavora in Catalogna, a El Celler de Can Roca di Girona. Ma nei giorni scorsi Joan Roca era a Milano: ha tenuto una ponencia di circa un’ora sotto gli stucchi pregiati di Sala Alessi, a Palazzo Marino.
Intervistato da identitagolose.it, ha raccontato di essere rimasto sorpreso del recente trionfo: «La sera prima della proclamazione ci siamo incontrati con Massimo Bottura (modenese, è il numero due del mondo, ndr) e Rene Redzepi (ora terzo, è stato primo lo scorso anno e già dal 2010 al 2013). Massimo ha scattato un selfie, pubblicato poi su instagram. Eravamo noi 3, protagonisti del podio 2014. ‘One, two, three, here we go’, ha scritto il modenese. Che succederà domani? Ci chiedevamo. Massimo diceva che saremmo stati ancora noi 3. Aveva ragione. Ma che fossimo di nuovo primi noi ci ha colto di totale sorpresa. Al nostro posto poteva esserci tranquillamente lui, al comando di un ristorante straordinario».
Per essere primi bisogna mostrarsi essere anche un po’ visionari. I Roca impiattano una cucina di straordinaria eleganza nel loro ristorante mentre lasciano le briglie sciolte al loro virtuosismo a El Somni, “opera totale” che mette assieme il lavoro di cuochi, performer audiovisivi, compositori, cantanti lirici, musicisti, fotografi, poeti, linguisti, designer, pittori, filosofi, artigiani, tutto attorno a un tavolo circolare allestito all’Arts Santa Monica, sulle Rambla di Barcellona e apparecchiato per 12 commensali che calpestano un nudo terriccio, travolti da 12 atti, tra arte e cibo.
Spiega Jordi: «Il progetto è cambiato molto. Nei piani iniziali volevamo vendere questa locura (pazzia, ndr) a tutto il mondo. Convertirla in un affare, vendere una cena da 1.500 euro a coperto a grandi imprese di 12 città del pianeta. Aziende disposte a pagare tanto – perché il progetto è costato tanto. Poi ci siamo accorti che non era una buona idea. Stavamo entrando in un ambito molto diverso da quello delle origini: El Somni nasce come progetto di cuore, esperimento, istinto. Qualcosa che nessuno aveva mai fatto prima. Abbiamo rinunciato al business per lasciare all’opera l’ambito che le era più proprio. Quello della magia, dell’arte e dell’artigianato».
Artigianato? Sì, perché la cucina va verso una nuova “umanizzazione”: «Negli ultimi 20 anni ha vissuto un’importante rivoluzione tecnologica: fino a qualche tempo fa andavamo pazzi per l’ultima tecnica, l’apparecchio, l’utensile più nuovo. Tutto questo sta passando perché ora, è vero, stiamo assistendo alla rivoluzione del prodotto, del dialogo coi piccoli produttori, della corsa a ottenere il miglior ingrediente possibile. Ma credo che alle porte si stia affacciando un altro movimento. La chiamo rivoluzione umanista. E’ la rivoluzione della gente: cuochi, camerieri e pasticcieri che finiranno col prevalere su tecniche e prodotti. Le persone non sono mai state così importanti: oggi più che mai, il cliente chiede di stare al ristorante come se stesse a casa sua».
Così parlò il re degli chef.