Dal 30 ottobre è disponibile su Disney+ la serie TV che narra il delitto di Sarah Scazzi, uccisa nel 2010 a soli 15 anni, e il grande impatto mediatico che ne seguì. Intitolata “Avetrana” prima, ha cambiato il titolo in “Qui non è Hollywood” dopo un’ordinanza di sospensione provvisoria richiesta dal comune di Avetrana.
La serie ha fatto parlare di sé già dal suo annuncio ed ora, che è disponibile per la visione, continua a far discutere coloro che l’hanno iniziata. Polemiche a parte, c’è anche un cantante italiano a farne parte per quanto riguarda la colonna sonora.
Marracash rappa la colonna sonora di “Qui non è Hollywood”
Il brano scelto per la colonna sonora della serie TV su Avetrana è “La banalità del male”, canzone di Marracash che non è ancora stata pubblicata, ma che trova una sua versione su YouTube:
In un video pubblicato proprio da Disney+, Marracash spiega com’è nato questo brano, pensato proprio per la serie TV:
“Per creare questo brano, la prima cosa è stata guardare attentamente la serie. Ovviamente, come tutti, conoscevo la storia. La serie però mi ha spinto ad approfondire quante più informazioni potessi trovare. L’idea del brano è mettersi dalla parte del malvagio, come se chi canta il brano abbia dentro questo male e in qualche modo volesse cacciarlo, esorcizzarlo. È un male banale, che spesso non ha spiegazioni.”
Poi ha spiegato il significato della canzone, il cui titolo prende spunto dal famoso libro di Hannah Arendt nel quale si esamina il processo del criminale nazista Adolf Eichmann, uno dei principali responsabili della deportazione degli ebrei durante l’Olocausto. Arendt documenta come Eichmann non fosse un mostro psicopatico, ma piuttosto una persona comune che agiva senza empatia o senso critico, spinta dall’obbedienza e dall’adesione burocratica al sistema nazista. Il libro introduce la teoria della “banalità del male”, sostenendo che atti terribili possano derivare da un cieco conformismo e dall’incapacità di riflettere sulle conseguenze delle proprie azioni, piuttosto che da una malvagità intrinseca.
“Guardando la serie, la cosa che mi ha colpito di più era la rappresentazione del male nella presunta normalità della famiglia, che poi spesso per me è il teatro del male. E anche l’idea che il male poi in realtà sia dentro di noi. Ed è il motivo per cui queste storie attirano sempre un’attenzione morbosa da parte del pubblico: la gente si specchia in queste tragedie, è curiosa di vedere cosa succede quando si manifesta questo male che reprime. La sfida maggiore è stata riuscire a sintetizzare la serie in poche parole che fossero efficaci e al tempo stesso dare una fruibilità.”