E’ il piatto italiano più imitato nel mondo, con interpretazioni non sempre ortodosse che fanno rabbrividire i puristi. E’ la carbonara, piatto simbolo della nostra cucina tradizionale alla quale i pastai italiani di Aidepi e l’Organizzazione internazionale della Pasta hanno dedicato una giornata, il sei aprile. E proprio in occasione del Carbonaraday, abbiamo chiesto al re della carbonara, lo chef Luciano Monosilio quali sono i segreti della sua ricetta.
Per la mia ricetta abbiamo bisogno di un tuorlo ogni 50 grammi di pasta, 20 grammi di pecorino, 30 grammi di grana e pepe in grani da macinare grossolanamente. Rompiamo le uova e separiamo i tuorli. In una boule di acciaio aggiungiamo il pecorino e il grana insieme ai tuorli e li mantechiamo a bagnomaria con una frusta. Fatto questo tagliamo il guanciale a cubettoni di un centimetro, lo facciamo andare da padella fredda in modo che lasci andare il suo grasso e inizi a friggere. Conserviamo il grasso del guanciale, mettiamo in cottura la pasta, la scoliamo e la mettiamo nella nostra boule di acciaio, mantechiamo di nuovo a bagnomaria aggiungiamo il grasso del guanciale e poco prima di servire la pasta aggiungiamo il guanciale che abbiamo lasciato riposare. Fatto questo serviamo con una manciata di pecorino e grana e tanto pepe macinato grossolanamente.
Appurata la ricetta, viene da chiedere: che formato di pasta scegliere? E soprattutto cosa non deve mai finire in un piatto di carbonara? La pasta è a discrezione del consumatore, io al ristorante prediligo pasta lunga, lo spaghettone. Quello che assolutamente non va nella carbonara è aglio, cipolla, panna, latte e peperoncino. Nonostante le ferree regole per una carbonara a regola d’arte, nella sfida organizzata dai pastai di Aidepi per il Carbonaraday tra tre versioni della ricetta, classica, marinara e vegetariana lo chef Monosilio ha premiato la meno ortodossa delle interpretazioni: il vincitore è la carbonara vegetariana.
Immagine di copertina tratta da Wikipedia